Una domanda senza risposta…

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Alcuni giorni fa leggevo sulla pagina facebook di una ragazza che realizza bambole la sua sorpresa nel rilevare che, dall’apertura della pagina, in poco tempo, in tantissimi ne richiedevano, forse più di quelle che sarà in grado di realizzare.

Sempre un po’ di tempo fa, leggevo di un progetto bellissimo: la realizzazione di un percorso di cura con i malati di Alzheimer tramite l’impiego di bambole.

Ricordo, ancora, quando anni fa ad un convegno in ambito pedagogico, alcune ricercatrici inglesi presentarono un progetto di integrazione rivolto ai bambini provenienti da paesi stranieri e spesso traumatizzati da guerre e povertà, che prevedeva di usare delle bambole come loro “cuscini di emozioni” (un’espressione che mi è piaciuta tantissimo). Non c’è poi bisogno di citare il legame che può venirsi a creare tra una bambina, o bambino, e la sua bambola.

A questo punto mi stavo chiedendo: a che bisogno rispondono le bambole? Posto il gioco, poi, perché attirano così tanto? Me lo sono chiesta anch’io pensando a me stessa…possibile , riconoscendomi oramai adulta, capace di “far cose serie” e sana di mente quanto basta, che mi appassioni a questi pezzi di plastica? O, molto più, ma pur sempre inanimati, di stoffa? Per non parlare poi di quando sono fatte a mano, una diversa dall’altra e intrise della personalità di chi le crea.

È il bisogno di gioco che ci portiamo dietro dall’infanzia? È qualcosa che ha che fare con un’attrazione biologica per tutto quanto ci rappresenti come essere umani? È, ancora il bisogno di accudire qualcosa, sempre parte della nostra natura umana?

La risposta non ce l’ho, è una domanda che mi affascina da tempo e che mi fa compagnia mentre realizzo le mie Ribambole e guardo, con stupore, altre artiste crearne altre…probabilmente tornerò su questo interrogativo, non certo con una risposta ma con qualche riflessione in più di certo!

A pettinare le bambole…

Esiste questo detto in italiano, per cui il far niente sarebbe reso ben concreto dall’espressione “pettinare le bambole”, ovvero fare cose che occupano tempo senza portare a nulla. Una mia ex-collega diceva: “pettinare gli orsi”, che credo volesse dire la stessa cosa, ma forse in modo più audace.ribamboleworkinprogress

Ebbene, ho riflettuto su questa espressione mentre, appunto, pettinavo le mie bambole, e ho avuto una sorta di rivelazione nello scoprire quanto quegli attimi mi siano stati di aiuto nel ripensare alcune cose lasciate in sospeso, progettarne altre, assegnare il giusto peso a preoccupazioni che forse, pettinata dopo pettinata, ho scoperto non essere degne di tale nome…per cui ben venga il pettinare le bambole! In fin dei conti, da bambina un bel po’ di tempo l’ho dedicato a questo, con la ferma convinzione che tutto fosse tranne perdere tempo. E nelle scelte dell’infanzia, mia o di quella che vedo oggi intorno a me, ho sempre avuto una gran fiducia.

Per cui continuo, quando posso e quando me lo concedo, pettine e spazzola alla mano, a pettinare bambole. E mentre le mani si muovono ripetendo un gesto che ci accompagna sin dalla nascita del genere umano, (un bellissimo gesto di cura tra l’altro) progetto, invento, creo, penso…mica male no?!