Questa bambola è mia!


IMG_0785“Lilli si è arrabbiata: “No!” ha urlato, “questa è la mia Mirtilla, l’ho portata da casa!”. Lilli sentiva che le lacrime le rigavano le guance. Avrebbe voluto sistemare la collanina rossa di Mirtilla per farla stare più comoda, ma Amalia l’abbracciava forte e voleva dormire con lei sul materassino.”

Ho trovato questo libro per caso: in biblioteca, è saltato fuori da un carrello che la bibliotecaria stava sistemando e, essendo alla ricerca di libri sulle bambole, ho pensato non fosse una coincidenza! Il libro è: di David Grossman, MIA, TUA NOSTRA, tradotto da Alessandra Shomroni, Mondadori, 2016.

È un albo illustrato, (23 x22,5cm) scritto niente meno che da David Grossman, uno straordinario autore israeliano che scrive per adulti, bambini e ragazzi. Le illustrazioni invece, nell’edizione italiana sono di Giulia Orecchia, un’illustratrice attivissima che qui ha utilizzato un mix di tecniche: collage e digitale. Mi piace molto come ha rappresentato la scuola: colori caldi, luminosi, accoglienti, come una scuola dell’infanzia dovrebbe essere. Un bellissimo dettaglio sono i disegni dei bambini appesi ai muri che sembrano originali!

Ma veniamo alla storia, che narra di una bimba, Lilli (ebbene sì, la seconda padroncina di una bambola a chiamarsi così: vedi qui) e della sua bambola: Mirtilla. Sembra una grande bambola di pezza, con i capelli rossi raccolti in un alto chignon, vestito a fantasia scozzese azzurro e ciclamino chiuso da un grande bottone, calzamaglie rosse e scarpe marroni. Indossa poi una collana di perline rosse che Lilli le sistema con cura.

Una bella mattina Lilli decide di portare Mirtilla a scuola. A scuola le cose (ovvero orsacchiotti, cagnolini di peluche e altre bambole) sono riposte negli armadietti ma vengono confuse e la piccola, al momento di andare a letto, si ritrova senza la sua Mirtilla…

È finita nell’armadietto di una bimba più piccola: Amalia (non vi racconto come, scopritelo leggendo il libro), e come fanno i bimbi piccoli, pensa sia sua. Lilli prova a dire ad Amalia di ridarle la bambola ma lo fa urlando (è disperata!): Amalia si spaventa e scoppia a piangere. Inizia il litigio e come da tradizione interviene la maestra, in difesa della più piccola: non sapendo come è andata, non può fare altrimenti.

Ma non è finita: altri due compagni di Lilli afferrano la bambola e dicono di volerla portare nella giungla…Lilli, con le ultime forze, chiede alla maestra di chiedere un’altra volta alla piccola Amalia di chi sia Mirtilla. Questa volta Amalia è sincera e la pace ritorna: Lilli ha di nuovo la sua bambola. La tragedia è risolta. I bambini si sistemano sui lettini per il riposo, ciascuno con il proprio pupazzo, tranne Amalia, che ha dimenticato il suo Coniglio. Cosa fare? Le bimbe si sdraiano vicine, nello stesso lettino, e abbracciano in silenzio Mirtilla, che fa compagnia a tutte e due mentre si addormentano.

È una storia senz’altro dolce e che descrive in modo molto realistico le vicende appassionanti che coinvolgono i bambini piccoli nelle giornate passate a scuola e gli oggetti che a loro appartengono, eletti a compagni di vita insostituibili.

Riguardo alla nostra bambola, escono due cose di questo raccontino che mi piacciono: che le maestre possono sbagliare (e poi sanno anche chiedere scusa) e che quando una bimba è affezionata ad una bambola e questa bambola le viene tolta è come se le amputassero una gamba!

Ho rivissuto, rileggendolo, una sensazione che avevo quasi dimenticato…era il 1989 (!!), facevo la prima comunione e uno dei rituali della messa prevedeva che qualcuno di noi portasse all’altare un cesto pieno di giochi, come dono simbolico. Bene, nel cesto c’erano un pallone, qualche macchinina, e una bambola: la mia (la catechista era mia mamma, per cui l’organizzazione spesso attingeva dal contesto domestico). Io avevo approvato: Martina, così si chiamava la bambola, poteva essere utilizzata per questo fine.

Solo che, al momento di decidere chi avrebbe portato questo cesto, fu scelta un’altra bambina. Tutto ok, all’inizio, ma quando ho visto la mia bambola andarsene nel cesto mi è venuto un nodo alla gola terribile, soffrivo e mi vergognavo di soffrire allo stesso tempo e per non scoppiare a piangere appena avessi aperto bocca, ho smesso di parlare. Dopo qualche tempo, qualcuno se ne è accorto, avrò avuto anche gli occhi lucidi e allora la voce preoccupata di mia mamma mi ha fatto scoppiare e ho detto la verità.

La cosa si è risolta, ho portato io il cesto. Mi sono sentita stupida: era quell’ età in cui senti che non è più il momento di giocare con le bambole ma ti piacciono ancora così tanto (per non parlare che si tratta anche del momento in cui inizia a capire che non puoi difendere le tue proprietà in modo infantile)…ma mi sono sentita anche soddisfatta: Martina sarebbe stata al sicuro!

Pensierino pedagogico (che detto così fa un po’ anni ’50!): penso spesso a questo episodio quando in qualità di adulti insistiamo a voler istigare la condivisione a tutti i costi nei bambini, in un’età che forse ha ancora un legame con le cose molto simile all’immedesimazione, al prolungamento di sé più che al possesso vero e proprio. Forse, lasciati un po’ ad elaborarlo,  a viverlo fino in fondo, sono in grado di passare alla condivisione con l’altro, senza che sia imposto dalla “buona educazione”, ma nel momento più giusto del loro sviluppo.

Grazie per aver letto fin qui, se vuoi leggere altri post su libri di bambole puoi guardare qui o qui!

le bambole non fanno altro che essere perse!

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Allora la bambola fa come tutte le bambole quando nessuno le vede: muove le braccia e le gambe…”

Avete mai notato che in più di un libro sulle bambole, succede che queste si perdano? A quanto pare è una condizione indispensabile se non ottima: solo così possono vivere splendide avventure, fuori dall’abbraccio stretto della loro padroncina. Alcune viaggiano, altre fanno incontri, c’è quella che si perde per sempre e quella che ritorna. Comunque sia, quello che vogliono fare una volta perse, è poter tornare al più presto a quell’abbraccio: una bambola non conosce la libertà, esiste in quanto adottata.

Una delle leggende più belle, a parer mio sulle bambole, è che quando non sono viste, un po’ come tutti i giocattoli forse, prendano vita.

Ho trovato la storia di Lili in questo albo illustrato (ovvero un libro composto di pagine interamente illustrate con un testo breve dove le une non avrebbero senso senza il secondo e viceversa): 

Marie-Hélène Delval, UNA BAMBOLINA PICCOLA PICCOLA, illustrazioni di Simona Mulazzani, tradotto da Maura Nalini, Fabbri Editori, 2011 (prima edizione:2008)di formato quadrato (misura circa 20cmx 20cm).

L’edizione che ho recuperato viene dalla biblioteca ed essendo un libro del 2011 si nota bene quanto sia stato letto: pagine sgualcite, qualche strappo, anche dei segni di matita, tutta vita vissuta che adoro ritrovare nei libri delle biblioteche.

Non conoscevo questa autrice, l’ho scoperta con questo libro. Conosco invece molto bene l’illustratrice, non di persona ovviamente, conosco i suoi lavori che sono moltissimi, (tra i quali menziono solamente “Il grande libro dei pisolini” , scritto da Zoboli e edito da Topipittori, che in casa si legge sempre volentieri).

Le sue sono illustrazioni probabilmente realizzate ad acrilico, a piena pagina, con colori densi e smorzati da sfumature e tonalità ombrose.

Ma veniamo alla storia, che parla di Lili, (il nome lo scopriamo solo alla fine, quando la bambina la ritrova, perché la ritrova, state tranquilli!). Lili è una bambolina che così come disegnata, sembra di pezza, con sei codine, occhietti a spillo e niente naso. Ha un vestito a pois blu su fondo rosa abbinato a delle calzamaglie a righe giallo-blu con scarpette rosse: non c’è che dire, sa come vestirsi!

Ma soprattutto è una “ bambolina piccola piccola” tanto da stare nella tasca di una bambina.

E come avrete capito, da questa tasca cade, mentre la bambina salta con la corda.

Rimasta sola, immobile, aspetta la notte. Il parco si svuota ed inizia a piovere per cui, l’autrice ci dice che è quello che accade di solito, la bambolina prende vita e tenta di costruirsi un lettino al riparo, aspettando il giorno seguente.

Nel farlo recupera piccole cose: un fiammifero, una carta di caramella, alcune foglie secche, qualche piuma, un guanto giallo bucato…ce la mette tutta, ma deve ammetterlo:

Per una notte andrà bene. Ma non è comodo come un vero lettino da bambola nella casa di una vera bambina.

La pioggia è continua: ce lo dicono le illustrazioni che mostrano la bambolina all’opera, in cerca di oggetti che le possano essere utili, probabilmente è anche freddo dato che la bambina portava una giacca a vento.

Comunque sia, finalmente arriva il giorno, e la bambolina è pronta a farsi ritrovare esattamente dov’era caduta, ed è proprio lì che la bambina la ritrova sospirando: “…hai passato tutta la notte sul vialetto!”. Al ché la bambolina ride pianissimo: la bambina non si immagina quanto si sia data da fare tutta la notte per cercarsi un riparo!

Ora, piccola parentesi: sul retro di copertina di questo libro l’editore ha voluto presentare questa storia come una “storia per parlare di paura”…non sono molto d’accordo, oltre che essere sempre diffidente quando un libro mi si presenta per “parlare di”, a mio parere parla di avventura, di mistero…forse Lili avrà anche paura, ma sembra che la sua preoccupazione sia più farsi ritrovare come è stata lasciata il giorno seguente, che passare la notte al parco!

Quello che mi piace di questa storia è il fatto che una bambola prende vita quando nessuno la vede e questo mi fa sognare…ve le immaginate le bambole che parlano tra sé, se sono più d’una, quando voi (se ne avete) o la vostra bambina dormite? Ve le immaginate quando andate in vacanza e rimangono sole in casa? E ve la immaginate una bambina che crede fermamente che questo possa accadere? Ecco, quasi quasi vorrei essere lei…che meraviglia credere nella propria immaginazione!

p.s. Questo è il secondo post del mio blog che parla di libri che hanno per protagoniste delle bambole, se vuoi leggere il primo, guarda qui

come realizzo le Ribambole 1: dove le trovo?

Apro con questo post una sezione dedicata al come realizzo le mie RibamboleCiò che faccio è il frutto di esperimenti, nati dal mio ingegno o dalla traduzione, sempre un po’ approssimativa, di tutorial e/o guide in lingua soprattutto inglese che ho trovato e trovo nel web.

In questo post vi racconto come e dove trovo le bambole da ridipingere.

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Quando ho scoperto nel web questa tecnica volevo immediatamente provare a ridipingere una bambola: subito! Ma nei miei armadi abitano solo poche Barbie, sopravvissute ad anni di giochi e che il mio affetto per loro non mi avrebbe MAI permesso di cancellare. Inoltre questa tipologia di bambole ( ovvero le Bratz prodotte dalla MGA), hanno un viso più largo che capirete, è molto più facile da ridipingere rispetto al piccolo viso di una Barbie!

Prima di darmi alla ricerca ho cercato di capire quanto queste Bratz siano state diffuse: come detto sopra, anagraficamente appartengo a quella comunità che ha giocato con le Barbie prima che avessero delle concorrenti (se non la povera Tanya certo ma insomma, non c’era paragone con quella sua plastica vuota…). Ho chiesto a ragazze più giovani, ho spulciato un po’ nel web e ho capito che la diffusione c’è stata, anzi, ho scoperto che queste Bratz hanno venduto più delle Barbie! Per cui, a rigor di logica, ho pensato, i mercatini dell’usato dovrebbero traboccare di queste bambole! Mi sono quindi data alla ricerca, ma devo dire, sono rimasta delusa. Ne ho trovate poche, spesso ad un costo eccessivo per l’uso che intendevo farne.

L’idea che mi son fatta è che i mercatini dell’usato italiani non assomigliano a quelli di altri paesi. Nei mercatini italiani non troverai mai qualcosa di rotto, usato sì, ma in buone, buonissime condizioni e quindi ad un prezzo certo conveniente ma non stracciato. A me non interessano abiti e scarpe, graffi e capelli tagliati non costituiscono un problema per cui non ho ancora trovato molte bambole nei mercatini fisici.  Ho anche pensato che trattandosi di una bambola più recente rispetto alla Barbie, dovrà forse ancora approdare in massa nei mercatini dell’usato: bisognerà aspettare che le attuali 25enni escano di casa o comunque decidano che è venuto il momento di liberarsene? Chissà!

Nel frattempo ho esplorato il web, abbandonando almeno per il momento quel bel passatempo che amo, ovvero esplorare i mercatini dell’usato e darmi una scusa plausibile per acquistare cose vecchie e inutili.

Piattaforme di vendita/acquisto italiane e internazionali mi hanno decisamente risolto il problema, anche qui vale un po’ lo stesso discorso: i venditori italiani mettono in vendita solo pezzi in buono/buonissimo stato per cui il prezzo aumenta. Nei paesi anglosassoni la cosa cambia: sempre più spesso (e credo proprio per il diffondersi del restyling che hanno alla base proprio le Bratz), si trovano singole o lotti di bambole nude, senza scarpe, anche molto rovinate, per pochi centesimi l’una. Certo si presenta il costo della spedizione ma a conti fatti, le bambole vengono a costare poco, considerando anche le spese di spedizione incluse. Non solo: così facendo non ci si ritrova, come la sottoscritta, un cassetto stracolmo di vestitini succinti, scarpette e stivali da drag queen!

Ho anche scoperto un’altra tipologia di bambole, sempre prodotte dalla MGA, ovvero le Moxie Girlz, una versione delle prime forse più aggraziata, decisamente più proporzionata e che si presta molto bene al lavoro di restyling. In Italia, di questa tipologia, non ne ho mai trovate: ho notato che anche nuove, sugli scaffali dei grandi ipermercati e/o catene di giocattoli sono rare da trovare. Sul web, e soprattutto da venditori del Regno Unito, se ne trovano invece molte di usate, leggermente più costose delle Bratz ma sempre ad un costo ragionevole.

Queste due tipologie di bambola non hanno piedi, o meglio, i piedi sono le scarpe, per cui il restyling prevede anche un lavoro di creazione delle calzature che possono essere fisse o sfilabili: di questo vi parlerò in un post dedicato.

Per finire, esiste una terza tipologia di bambola che mi sembra prestarsi bene a questo lavoro: ne ho trovate un paio nei mercatini fisici ma non so come si chiamino! Sono della Mattel, hanno un viso abbastanza carino, nulla di originale comunque. La loro particolarità è che hanno i piedi appiattiti, per cui si prestano bene per vestire delle scarpe tipo ballerine o ciabattine, cosa un po’ difficile invece per le Bratz e le Moxie Girlz.

Per cui se stai cercando una bratz da ridipingere ti consiglio di cercare direttamente sul web (in particolare su ebay, magari partecipando a qualche asta indetta da un venditore del Regno Unito).

Se invece, appartieni a quella generazione che con le Bratz ha giocato, e ne ha collezionate tante, tantissime e le tieni lì, in quello scatolone e ne sei affezionata ma poi neanche tanto, anzi, quasi quasi vorresti liberartene in modo creativo, mettiti al lavoro! Qui e qui trovi gli step successivi.

Se invece, l’introduzione è questa ma la parte creativa non ti interessa contattami, potrei essere interessata ad una tua offerta di vendita!

p.s. Per essere chiari: non ho alcun tipo di contatto/accordo o altro con MGA o qualsiasi altra ditta che produce le bambole che utilizzo per la mia attività.