Una bambola che scrive e riscrive…

libri letti da Ribambole. E così spero di teIngrid , intenta a immaginare la nuova vita della sua bambola, non è più triste”

Sono felicissima di scoprire che mentre sono alla ricerca di libri su e di bambole già esistenti, ne nascono altri di nuovi! E non solo, scopro che nascono libri che raccontano storie già raccontate, ma con altre parole e altre illustrazioni, e trovo questo straordinario: significa che sono storie che hanno il potere di ispirare persone diverse in posti diversi del mondo! Magnifico!

In questo post di libri volevo infatti parlarvi di un albo illustrato, di grande formato, uscito pochi mesi fa in libreria, che racconta dell’episodio che vede per protagonisti lo scrittore Franz Kafka e una bimba che incontra al parco, triste per la perdita della sua bambola. Commosso dalla disperazione della piccola, lo scrittore si improvvisa postino delle bambole, scrivendo e leggendo le lettere della bambola scomparsa e inventandone i viaggi. Se avete già letto qualcosa del mio blog, avrete capito che la storia è la stessa narrata da questo libro.

La differenza è che invece di un romanzo, questo libro è un albo illustrato. Si tratta di E COSÌ SPERO DI TE. STORIA QUASI VERA DI UNA BAMBOLA GIRAMONDO, scritto da Didier Lévi e illustrato da Tiziana Romanin per Terre di mezzo Editore, 2018 (ed.originale Serbacane, Paris, 2016).

Se mancava qualcosa infatti al romanzo erano proprio delle illustrazioni realizzate qui con un’ accuratissima attenzione ai dettagli storici, che collocano la storia nel tempo e nello spazio, evocano i volti dei personaggi, ne esaltano le emozioni, immergendoli nell’ atmosfera calda di un fine novembre al sole.

Tuttavia le storie narrate dai due libri sono un po’ diverse: le memorie di Dora, compagna di Kafka e dai cui scritti prendono spunto queste narrazioni, probabilmente hanno ispirato diverse intuizioni. Non posso dire se uno sia migliore dell’altro: aver incontrato prima il romanzo non può che farmi notare le differenze che, ammetto, talvolta mi hanno un po’ stranito.  Così, ad esempio, la bambina cambia nome, si chiama Ingrid ed ha i capelli biondi cortissimi, che la fanno sembrare “un uccellino caduto dal nido”, apparendo quindi molto più debole della piccola Elsi, che interloquisce con Kafka senza lasciarsi intimidire.  Oppure Franz, nei suoi incontri con la bimba, è sempre accompagnato da Dora, un’innamoratissima Dora che non lo lascia mai solo, mentre nel romanzo, a casa, si chiede se ciò che sta facendo Franz abbia un senso, e soprattutto si preoccupa per la sua salute. Sono piccole sfumature, come dicevo, che però colorano in modo diverso questa tenera storia.

Come vuole il linguaggio dell’albo illustrato le parole sono poche ma intrecciate alle illustrazioni, capaci di dar forma a metafore bellissime, tutte riguardanti il passare del tempo, la crescita, il superamento di un momento difficile grazie alla potenza di una storia. La sinteticità del racconto dell’albo, quasi paradossalmente, spazia su un tempo più disteso. Così, la partenza della bambola, e in particolare il suo matrimonio, si specchiano nella crescita di Ingrid: anche lei, ora che la sua bambola è andata, può crescere, come se avesse superato una sorta di rito di passaggio: i capelli le sono cresciuti e non è più un uccellino. E con loro, anche Franz supera i suoi ultimi e difficili giorni di vita: l’inverno arriva e gli regala, finalmente, il riposo dopo quest’ultima e tenera fatica: l’essersi avvicinato al dolore di una bambina e averle infuso speranza nella vita, nonostante per lui sia sempre stata fonte di sofferenza.

A differenza del romanzo forse qui la centratura è più sugli adulti: Franz e la sua malinconia, Franz e Dora con il loro amore dolcissimo, la bambola, anche lei adulta che purtroppo, perde un po’ della magia che il romanzo le ha saputo dare….ma una bambola, e il suo affetto per lei da parte di una bambina, è ancora una volta ciò che ha ispirato una storia!

 

 

le bambole non fanno altro che essere perse!

IMG_0777

Allora la bambola fa come tutte le bambole quando nessuno le vede: muove le braccia e le gambe…”

Avete mai notato che in più di un libro sulle bambole, succede che queste si perdano? A quanto pare è una condizione indispensabile se non ottima: solo così possono vivere splendide avventure, fuori dall’abbraccio stretto della loro padroncina. Alcune viaggiano, altre fanno incontri, c’è quella che si perde per sempre e quella che ritorna. Comunque sia, quello che vogliono fare una volta perse, è poter tornare al più presto a quell’abbraccio: una bambola non conosce la libertà, esiste in quanto adottata.

Una delle leggende più belle, a parer mio sulle bambole, è che quando non sono viste, un po’ come tutti i giocattoli forse, prendano vita.

Ho trovato la storia di Lili in questo albo illustrato (ovvero un libro composto di pagine interamente illustrate con un testo breve dove le une non avrebbero senso senza il secondo e viceversa): 

Marie-Hélène Delval, UNA BAMBOLINA PICCOLA PICCOLA, illustrazioni di Simona Mulazzani, tradotto da Maura Nalini, Fabbri Editori, 2011 (prima edizione:2008)di formato quadrato (misura circa 20cmx 20cm).

L’edizione che ho recuperato viene dalla biblioteca ed essendo un libro del 2011 si nota bene quanto sia stato letto: pagine sgualcite, qualche strappo, anche dei segni di matita, tutta vita vissuta che adoro ritrovare nei libri delle biblioteche.

Non conoscevo questa autrice, l’ho scoperta con questo libro. Conosco invece molto bene l’illustratrice, non di persona ovviamente, conosco i suoi lavori che sono moltissimi, (tra i quali menziono solamente “Il grande libro dei pisolini” , scritto da Zoboli e edito da Topipittori, che in casa si legge sempre volentieri).

Le sue sono illustrazioni probabilmente realizzate ad acrilico, a piena pagina, con colori densi e smorzati da sfumature e tonalità ombrose.

Ma veniamo alla storia, che parla di Lili, (il nome lo scopriamo solo alla fine, quando la bambina la ritrova, perché la ritrova, state tranquilli!). Lili è una bambolina che così come disegnata, sembra di pezza, con sei codine, occhietti a spillo e niente naso. Ha un vestito a pois blu su fondo rosa abbinato a delle calzamaglie a righe giallo-blu con scarpette rosse: non c’è che dire, sa come vestirsi!

Ma soprattutto è una “ bambolina piccola piccola” tanto da stare nella tasca di una bambina.

E come avrete capito, da questa tasca cade, mentre la bambina salta con la corda.

Rimasta sola, immobile, aspetta la notte. Il parco si svuota ed inizia a piovere per cui, l’autrice ci dice che è quello che accade di solito, la bambolina prende vita e tenta di costruirsi un lettino al riparo, aspettando il giorno seguente.

Nel farlo recupera piccole cose: un fiammifero, una carta di caramella, alcune foglie secche, qualche piuma, un guanto giallo bucato…ce la mette tutta, ma deve ammetterlo:

Per una notte andrà bene. Ma non è comodo come un vero lettino da bambola nella casa di una vera bambina.

La pioggia è continua: ce lo dicono le illustrazioni che mostrano la bambolina all’opera, in cerca di oggetti che le possano essere utili, probabilmente è anche freddo dato che la bambina portava una giacca a vento.

Comunque sia, finalmente arriva il giorno, e la bambolina è pronta a farsi ritrovare esattamente dov’era caduta, ed è proprio lì che la bambina la ritrova sospirando: “…hai passato tutta la notte sul vialetto!”. Al ché la bambolina ride pianissimo: la bambina non si immagina quanto si sia data da fare tutta la notte per cercarsi un riparo!

Ora, piccola parentesi: sul retro di copertina di questo libro l’editore ha voluto presentare questa storia come una “storia per parlare di paura”…non sono molto d’accordo, oltre che essere sempre diffidente quando un libro mi si presenta per “parlare di”, a mio parere parla di avventura, di mistero…forse Lili avrà anche paura, ma sembra che la sua preoccupazione sia più farsi ritrovare come è stata lasciata il giorno seguente, che passare la notte al parco!

Quello che mi piace di questa storia è il fatto che una bambola prende vita quando nessuno la vede e questo mi fa sognare…ve le immaginate le bambole che parlano tra sé, se sono più d’una, quando voi (se ne avete) o la vostra bambina dormite? Ve le immaginate quando andate in vacanza e rimangono sole in casa? E ve la immaginate una bambina che crede fermamente che questo possa accadere? Ecco, quasi quasi vorrei essere lei…che meraviglia credere nella propria immaginazione!

p.s. Questo è il secondo post del mio blog che parla di libri che hanno per protagoniste delle bambole, se vuoi leggere il primo, guarda qui

anche Kafka parlava con le bambole!

ribambole

Le bambine parlavano alle loro bambole? Certo. Erano convinte che le bambole parlassero con loro? Certo.

Con questo articolo inizio una delle rubriche del mio blog che non poteva che prevedere un riferimento ai libri. Leggo molto, mi piace leggere, la letteratura per l’infanzia in particolare mi appassiona, e per essa intendo tutto: albi illustrati, fumetti, divulgazione, narrativa…Per quel che mi riguarda ricordo di aver letto, entro i 15 anni, tutti i romanzi possibili dei miei genitori (e quindi per adulti) che ritrovavo a casa, snobbando gli scaffali appositamente dedicati alla mia età nella biblioteca della scuola. Bene, ora, direi che è il contrario…le mie visite in libreria o in biblioteca, supportata dalla presenza dei nanetti che mi porto dietro, prevedono una buona, se non totale, fetta di tempo nel reparto bambini-ragazzi. Ed è da questo patrimonio di bellezza che ho ritrovato qualche libro che parla di bambole, che le fanno nascere, vivere, scomparire, viaggiare, ritrovare…ve li voglio raccontare, confidando che per qualcuno diventino dei bei suggerimenti di lettura! Fatemi sapere che ne pensate o se ne scovate qualcuno!

Inizio con un romanzo, costruito a partire da un aneddoto reale: KAFKA E LA BAMBOLA VIAGGIATRICE di JORDI SIERRA I FABRA, edito da Salani (2010, ristampa del 2017), tradotto da Elena Rolla.

La storia, come vi accennavo sopra, racconta di un episodio che sembrerebbe accaduto veramente, nella Germania del dopoguerra ed ha per protagonista uno dei più importanti scrittori del XX secolo: Franz Kafka (sì, quello de La Metamorfosi). Sarebbe infatti stata ritrovata la testimonianza di Dora, l’allora compagna di Franz, che raccontava come lungo gli ultimi mesi di vita lo scrittore si sia dato ad una forma di composizione inedita, componendo lettere per una bambina incontrata al parco Steglitz di Berlino (un bellissimo parco nel cuore della città). La bimba si chiamava Elsi e quando Franz la incontrò, stava piangendo per la perdita di Brigitta, la sua bambola.

L’autore, non avendo informazioni sufficienti per scrivere la vera e propria storia così come accaduta, ammette di aver lavorato di fantasia per portare a termine la narrazione di questo episodio, così piccolo ma altrettanto intenso che racconta della tenerezza con cui il grande scrittore si sarebbe accostato alla bambina, raccogliendone con rispetto il dolore e abbia dedicato tempo e creatività per aiutarla ad elaborarlo.

E così ti sei persa”. Volle metterlo bene in chiaro. “Io no, gliel’ho detto” sospirò la piccina. “E chi allora?” “La mia bambola”. Le lacrime, momentaneamente trattenute, tornarono ad affacciarsi negli occhi della bambina. Il ricordo della bambola la fece ripiombare nel più profondo sconforto. Franz Kafka voleva evitare che ricominciasse a piangere. “La tua bambola?” ripeté stupidamente “Sì”.

Per la bambola o per il fratello, erano le lacrime più sincere e addolorate che avesse mai visto. Lacrime di immensa angoscia e tristezza insondabile. Cosa poteva fare adesso? Non ne aveva idea. Andarsene? Era prigioniero nel cerchio invisibile della traumatizzata protagonista della scena. Ma restare…perché? Non sapeva come parlare ad una bambina, tanto meno a una bambina che piangeva perché aveva appena perso la sua bambola.” 

Come prestare aiuto ad una bambina così triste per la perdita di una bambola? La creatività di uno scrittore forse poteva immaginare un’unica soluzione: scrivere! Così improvvisa una risposta:

La tua bambola non si è persa”disse allegramente Franz Kafka. “È partita per un viaggio!” 

Ed è qui che si presenta come il postino delle bambole, che ha già pronta una lettera per Elsi per il giorno seguente. Inizia così questa avventura, per lo scrittore, per Elsi e per Brigida che viaggia a Londra, Parigi, New York, Il Cairo: non ha confini. Nel mentre, il postino costruisce la sua identità, che lo fa sorridere, a volte lo fa sentire pazzo, ma che forse gli dà modo di scrivere qualcosa che veramente ha significato:

Di che cosa si occupa?Chi è?” [chiede a Franz la mamma di Elsi] “Io? Sono il postino della bambole”affermò risoluto. Chissà se era molto più strano che impiegato in una compagnia di assicurazioni, malato, o scrittore. “Non si prenda gioco di me, per favore” “Affatto”. Fu sincero. “Credo sia il miglior lavoro che ho avuto da molti anni a questa parte, e quello più importante. Non avevo mai scritto qualcosa che fosse così pieno di significato.” 

Lo scrittore si prende allora un impegno serio, costante: non deludere Elsi. Sono anni molto duri: la Prima Guerra Mondiale è terminata da poco ed ancora è presente il senso di perdita, di delusione e tristezza che può lasciare un’esperienza simile. Franz Kafka, malato e inconsapevolmente al termine della sua vita, forse sente che proprio in questo contesto, è importante che Elsi coltivi la speranza:

Con i bambini non si scherza”, accettò al sfida. Senza quella lettera, Elsi sarebbe cresciuta con un trauma durissimo: la sua bambola l’ aveva abbandonata. Se l’avesse delusa, forse avrebbe provocato nell’anima di Elsi la frustrazione del rifiuto. Se non avesse tenuto fede alla parola data e si fosse presentato all’appuntamento del giorno seguente senza la lettera promessa, Elsi avrebbe smesso di credere nella natura umana. Era in gioco la speranza. La cosa più sacra della vita.”

Brigida viaggia per il mondo, vede e racconta ad Elsi di moltissimi posti, e alla fine incontra Gustav, si sposa e scrive ad Elsi un ultima lettera, dove dice di essere cresciuta, che è tempo di lasciarsi, mandandole però un pacchetto. Nel pacchetto cosa ci sarà? Vorrei scriverlo ma non voglio rovinare la sorpresa per chi, leggendo questo post, sta pensando di leggere questo libro…perdonate! Ma una volta letto, ditemi che ne pensate!

L’allora bambina non si è più ritrovata, tuttavia mi piace immaginare che abbia conservato quelle lettere che “il postino delle bambole” componeva e leggeva per lei, magari in una bella scatola di latta, lasciata in eredità alla figlia e poi alla nipote, chiusa in un cassetto da qualche parte del mondo, resa preziosa, più che dalla firma, dall’atto di immensa gentilezza da parte di un adulto verso una bambina triste per la perdita della sua bambola.

Ma ancora più bello è immaginare dove sarà Brigida, forse raccolta da terra nello stesso parco, da un’altra bambina nel lontano 1924 che con il cuore gonfio di emozione ha deciso di adottarla…